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CINEMA SCANDINAVO:
LA SFIDA DELLA SVEZIA

Il 2017 segna il centenario dell’inizio di quella che è conosciuta come l’“età dell’oro” del cinema svedese, ovvero l’apice artistico raggiunto dall’industria di quel paese negli anni successivi al fortunato adattamento di Victor Sjöström del poema di Henrik Ibsen Terje Vigen, la cui prima si tenne nel gennaio del 2017. Quest’“età dell’oro” è associata a film di grosso budget e di alte ambizioni artistiche, basati su acclamate opere letterarie e di ambientazione per lo più rurale, in luoghi che ancorano l’azione al paesaggio scandinavo. Erano spesso definiti “film nazionali” in quanto espressione della letteratura, del territorio e dei costumi nazionali.
Il nuovo modello produttivo fu adottato anche dalla principale casa concorrente, la Skandia, costituita nel 1918 da piccole società che si erano unite con l’obiettivo di fare concorrenza alla Svenska Bio. Tra i progetti più ambiziosi della Skandia figuravano film basati sui lavori dei premi Nobel scandinavi Bjørnstjerne Bjørnson e Henrik Pontoppidan, e altri adattamenti di testi di vincitori del Nobel furono messi in cantiere quando, nel dicembre del 1919, la Skandia si unì alla Svenska Bio per formare la Svensk Filmindustri.Troppo spesso, però, l’“età dell’oro” svedese è stata riferita solamente alle opere di Victor Sjöström e Mauritz Stiller, escludendo gli altri registi che lavoravano nello stesso stile. Splendide pellicole sono rimaste nell’ombra perché non rientravano in questa troppo angusta concezione della storia cinematografica svedese.
La presente rassegna, che è suddivisa in due parti e continuerà l’anno prossimo, nasce dalla convinzione che i primi film svedesi del periodo aureo rappresentassero una significativa sfida sul piano estetico, commerciale e culturale per i cineasti sia dei Paesi vicini sia della Svezia. Proponendo al pubblico delle Giornate importanti, ma meno noti, titoli svedesi dell’“età dell’oro” insieme a opere artisticamente affini provenienti dalle nazioni confinanti vogliamo sottolineare la funzione catalizzatrice che film svedesi hanno esercitato negli altri Paesi nordici per quanto riguarda la concezione di un cinema nazionale.
Con Terje Vigen, la più importante società di produzione svedese, la Svenksa Biografteatern (in breve, Svenska Bio), stabilì nuovi standard produttivi. Non era il primo film tratto da una grande opera letteraria, ma il budget e i tempi di produzione, nonché il livello di ambizione artistica, non avevano precedenti in Svezia. Il successo della pellicola portò, a partire dalla stagione seguente, a un cambio di strategia: meno film in lavorazione, ma con disponibilità finanziarie molto maggiori, spesso (ma non sempre) tratti da testi letterari e con lo scenario naturale nordico come elemento centrale. Dei cinque registi sotto contratto con la Svenska Bio, soltanto Stiller e Sjöström furono riconfermati.
In Norvegia, le trasposizioni da Bjørnson furono viste come una provocazione: non solo prendevano a ispirazione uno dei più famosi autori norvegesi e venivano girate in esterni proprio in Norvegia, ma molte scene erano esplicite ricostruzioni dei più iconici dipinti prodotti dal nazionalismo romantico norvegese dell’Ottocento. La Norvegia era diventata completamente indipendente dalla Svezia appena nel  1905: alcuni critici videro in quelle pellicole svedesi un tentativo di appropriazione della cultura norvegese e voci sempre più forti si levarono a chiedere la rinascita dell’allora stagnante industria cinematografica norvegese. Fante-Anne (1920) di Rasmus Breistein fu il primo di una serie di film norvegesi basati sul patrimonio letterario nazionale che vennero realizzati seguendo l’esempio svedese.
L’indipendenza della Finlandia dalla Russia venne sancita solo nel dicembre del 1917. Il film di Mauritz Stiller del 1919 Sången om den eldröda blomman (Il canto del fiore scarlatto), che adattava il romanzo dell’autore finlandese Johannes Linnankoski, fu apprezzato in Finlandia e fece vedere come la cultura finnica e i temi di interesse nazionale potessero essere trasferiti sul grande schermo. Come la Norvegia, anche la Finlandia aveva un ristretto mercato cinematografico interno e le società di produzione non avevano vita facile. Nel 1919, però, ne furono fondate due, esplicitamente orientate alla produzione di cinema nazionale. Una di queste, la Suomen Filmitaide (Suomi-Filmi dal 1921), che si avvaleva di registi come Teuvo Puro e Erkki Karu ed  ambiva a trasporre sullo schermo i classici nazionali, diventò la più importante società di produzione finlandese degli anni Venti.
Dal canto suo, la Danimarca raccolse la sfida rappresentata dagli adattamenti letterari svedesi con spirito diverso. Sia durante che dopo la prima guerra mondiale, la principale società di produzione danese, la Nordisk, dovette far fronte a difficoltà economiche. Nel 1918 decise di adottare una politica produttiva simile a quella della Svenska Bio, concentrandosi su pochi titoli ma più costosi e ambiziosi, senza privilegiare però, tranne qualche eccezione, soggetti danesi o scandinavi. La più chiara conferma dell’influenza svedese è probabilmente la serie di quattro adattamenti di opere di Dickens firmati dal regista A. W. Sandberg e iniziata nel 1921 con Vor fælles ven ([Il nostro comune amico], presentato alle Giornate del 2012). Non mancarono comunque alcuni esempi di pellicole basate su opere letterarie scandinave: il dramma islandese del 1920 di Gunnar Sommerfeldt, Borgslægtens Historie (La storia della famiglia Borg) e il film di A. W. Sandberg del 1923, Lasse Månsson fra Skaane (Lasse Månsson di Scania), ambientato durante le seicentesche guerre di Scania. Il film Sandberg del 1924, Morænen (La morena), scritto direttamente per lo schermo, ma ambientato nella campagna norvegese, fu accostato dalla stampa danese alle più belle produzioni svedesi.
Tra i pochissimi film danesi che provarono ad adottare pienamente il modello svedese, uno dei migliori esempi è Der var engang (C’era una volta; 1922) di Carl Theodor Dreyer, basato su un famoso dramma teatrale esplicitamente nazionalistico e prodotto dal distributore danese della Svensk Filmindustri. Nessuno poteva abbracciare più convintamente di Dreyer il modello svedese degli adattamenti di opere caratterizzate da intimità psicologica e scenari naturali nordici. Lo testimoniano i suoi Prästänkan (La vedova del pastore; 1920) e Glomdalsbruden (La fidanzata di Glomdal; 1925), prodotti rispettivamente in Svezia e Norvegia ma entrambi ambientati nella pittoresca campagna norvegese. Che l’adozione del modello svedese da parte di Dreyer fosse deliberata lo attesta un suo articolo del 1920, in cui afferma che grazie alle conquiste degli svedesi, il cinema era entrato nella “terra promessa dell’arte”. Casper Tybjerg, Magnus Rosborn

Si ringraziano/With thanks to: Jon Wengström, Svenska Filminstitutet; Thomas Christensen, Marianne Jerris, Lars-Martin Sørensen, Danske Filminstitut; Morten Egholm, DIS Copenhagen; Antti Alanen, Tommi Partanen, KAVI (Kansallinen Audiovisuaalinen Instituuti); Bent Kvalvik, Nasjonalbiblioteket (National Library of Norway); Anne Bachmann, Bo Florin (University of Stockholm); Jaakko Seppälä (University of Helsinki); Claire Thomson (University College London); Gunnar Iversen (Carleton University); Flemming Behrendt.

SYNNÖVE SOLBAKKEN [A NORWAY LASS]
John W. Brunius (SE 1919)
Dom/Sun 1 – 9:00 – Teatro Verdi

FANTE-ANNE [GYPSY ANNE]
Rasmus Breistein (NO 1920)
Lun/Mon 2 – 14:30 – Teatro Verdi

THORA VAN DEKEN [A MOTHER’S FIGHT]
John W. Brunius (SE 1920)
Ven/Fri 6 – 14:30 – Teatro Verdi

ANNA-LIISA
Teuvo Puro, Jussi Snellman (FI 1922)
Sab/Sat 7 – 10:30 – Cinemazero

VEM DÖMER? [LOVE’S CRUCIBLE]
Victor Sjöström (SE 1922)
Mar/Tue 3 – 20:30 – Teatro Verdi

MORÆNEN [THE HOUSE OF SHADOWS]
A.W. Sandberg (DK 1924)
Sab/Sat 7 – 16:15 – Teatro Verdi

GLOMDALSBRUDEN [THE BRIDE OF GLOMDAL]
Carl Theodor Dreyer (NO 1926)
Gio/Thu 5 – 22:45 – Teatro Verdi

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Date
  • 16 March 2017