fbpx

WHAT COULD SHE DO?

WHAT COULD SHE DO?
John H. Collins (US 1914)

“Ho sempre voluto scrivere sceneggiature, così ci ho provato”, scrisse la star Gertrude McCoy sul Picture-Play Weekly del 31 luglio 1915. “È tremendamente difficile ottenere l’approvazione dello studio Edison, quale che sia l’autore, ma questa volta mi hanno accettata. Si chiamava United in Danger, ed era la storia di una giovane attrice. Naturalmente recitavo la parte principale. Ce l’ho fatta, e dopo qualche tempo ci ho riprovato, questa volta per un film in tre rulli su una fanciulla del Sud, intitolato What Could She Do? È venuto così bene che mi sono sentita incoraggiata ad andare oltre: un altro soggetto in tre rulli, On the Stroke of Twelve, è stato accettato e prodotto l’inverno scorso. Fu un successo ancora più grande dei due precedenti. Ma lo studio Edison non voleva far uscire nulla a firma di un’attrice, così ho usato lo pseudonimo Gertrude Lyons. Ho appena finito di lavorare a un altro soggetto, dal titolo Through Turbulent Waters, e spero che sarà un successo. Finora tutti ne parlano bene. Duncan McRae ne è regista e anche interprete”.
Purtroppo, né United in DangerThrough Turbulent Waters sono sopravvissuti, ma stando ai suoi due film attualmente conservati, diretti entrambi da John H. Collins, sembra che Gertrude McCoy sia stata in effetti una sceneggiatrice di un certo talento. Sia What Could She Do? che On the Stroke of Midnight appartengono a quel periodo di transizione durante il quale la Edison si stava indirizzando – sia pure con molta riluttanza e cautela – verso il lungometraggio. In entrambi i film, i primi due rulli terminano con brevi anticipazioni di ciò che sta per accadere nel successivo (“Il risultato degli incontri di Sylvia nella pensione saranno presentati nella seconda parte, che sarà mostrata fra poco”), un bizzarro espediente destinato a scomparire allorché Collins dirigerà il film in tre rulli The Slavey Student nel 1915.
In questo caso, i tre rulli articolano nettamente il film in tre atti, a cominciare da una sequenza introduttiva nella quale ci è presentata Sylvia Fairfax (McCoy), giovane donna del Sud appena diplomata in un collegio femminile. Alla morte improvvisa del papà (una sorta di colonnello del Kentucky) in seguito al fallimento di un’impresa mineraria, Sylvia rimane sola e senza un soldo. Un socio del padre le offre un impiego a Boston come istitutrice dei due bambini di sua figlia, ma Sylvia non sembra in grado di imporre loro la necessaria disciplina (“Priva di com’è di esperienza, la giovane ha difficoltà nel suo lavoro”) e si trasferisce perciò a New York alla ricerca di un’altra occupazione. Finisce in una pensione nel quartiere teatrale della metropoli, dove (nel secondo rullo) incontra un gradasso attore di vaudeville (Harry Beaumont, futuro regista di The Broadway Melody), che la trascina in un locale malfamato e cerca di sedurla obbligandola a bere. A mettere in salvo Sylvia dal suo infausto destino è il tempestivo intervento di un’altra persona da lei incontrata nella pensione, Hetty Sharp (Marjorie Ellison), che le procura un lavoro ai grandi magazzini dove lei stessa è impiegata ma poi prova a coinvolgerla in un furto di mercanzie.
Catturata dal detective del negozio, Sylvia è così nobile da rifiutarsi di rivelare all’ispettore di polizia (Frank McGlynn) il ruolo della sua amica nel piano criminoso. Hetty confessa comunque la propria colpa, e l’ispettore è così colpito dalla determinazione di Sylvia a tenere la bocca chiusa da ingaggiarla quale agente di polizia. Nel terzo rullo – sfortunatamente andato perduto – Sylvia lavora in incognito e si infiltra in una banda di rapitori, fingendo di essere una domestica irlandese. Trova un bambina scomparsa, che – incredibile a dirsi – si rivela essere la sorella minore di un bel giovanotto, Robert Gray (Richard Tucker), da lei incontrato al collegio femminile.
C’è aria di autobiografia sentimentale: una fanciulla del Sud rurale, dal carattere indipendente (McCoy era nata a Rome, in Georgia), che rinuncia a ogni impegno familiare e sentimentale allo scopo di seguire la propria vocazione nel Nord urbanizzato. Degno di nota è il fatto che Sylvia non ha talento in quanto vera e propria istitutrice, ma sa il fatto suo quando si tratta di fingerlo. La regia di Collins è, come di consueto, rigorosa e impeccabile. Ci sono diversi esempi di inquadratura all’interno dell’inquadratura, come nella sequenza dedicata agli infruttuosi tentativi di Sylvia di imporre disciplina ai bambini (li si osserva attraverso uno specchio posto direttamente alle sue spalle); o nella scena al ristorante, dove un soppalco nascosto da una tenda alle spalle di Sylvia e del suo aspirante seduttore allude alle nefaste attività che si svolgono all’insaputa della donna. Laddove molti film Edison di quel periodo sono caratterizzati da lunghe e ininterrotte inquadrature in cui i personaggi entrano ed escono di scena senza un ritmo preciso, Collins sa coreografare gli ingressi e le uscite al fine di metterne in risalto la valenza drammatica. Nell’episodio del ristorante, ad esempio, Hetty entra da destra sullo sfondo, si porta al centro dell’inquadratura e si avvicina alla coppia seduta in primo piano: la sua figura si intromette di fatto fra Sylvia e il suo tentatore, ponendo così fine al tentativo di seduzione.

Dave Kehr

regia/dir: John H. Collins.
scen: Gertrude Lyon [Gertrude McCoy]. cast: Gertrude McCoy (Sylvia Fairfax), Bigelow Cooper (Col. Fairfax), Robert Brower (John Atkinson), Richard Tucker (Robert Gray), Harry Beaumont (Billy Banners), Marjorie Ellison (Hetty Sharp).
prod: Edison.
uscita/rel: 20.11.1914.
copia/copy: DCP, 22’32” (da/from 35mm, 2031 ft.; orig. c.3000 ft., col. [imbibito/tinted]); did./titles: ENG.
fonte/source: Museum of Modern Art, New York.

Restauro effettuato nel 2018 da/Preserved 2018 by The Museum of Modern Art, con il sostegno di/with support from The Celeste Bartos Fund for Film Preservation.

Scansione a 4K da master a grana fine ricavato dal negativo originale con alcune parti gravemente deteriorate; alcune inquadrature mancanti sono state ricostruite tramite freeze-frames; varie didascalie mancanti sono state rifatte a partire da un copione presente nel fondo Edison del MoMA. / Preserved 2018 by The Museum of Modern Art with support from The Celeste Bartos Fund for Film Preservation. Scanned at 4K from a 35mm fine grain master printed from the original negative; some surviving footage shows severe decomposition. Some missing shots recreated with freeze-frames; several missing titles digitally recreated using text from a script in MoMA’s Edison files.