THE WORLD AND ITS WOMAN

THE WORLD AND ITS WOMAN
(Une idylle dans la tourmente / Liefde in den Storm)
Frank Lloyd (US 1919)

Quando la famosa cantante lirica Geraldine Farrar (1882-1967) fece il suo esordio cinematografico in Carmen di Cecil B. DeMille (1915), la partecipazione al film della popolare diva sembrò così contraria alla logica da indurre il critico del New York Times a osservare: “È un curioso esempio della follia economica del mondo del teatro, il fatto che una grandissima soprano drammatica debba dedicare una parte del suo prezioso tempo a una forma di intrattenimento – a un’arte, se si vuole – la cui principale caratteristica è un completo e abissale silenzio”. Eppure Farrar conquistò gli schermi così come aveva conquistato le scene della lirica, e la passione dei suoi ammiratori fu così intensa che nel 1920 il critico musicale W. J. Henderson soprannominò le sue entusiastiche fan “Gerryflappers.”
All’epoca di The World and Its Woman, il quinto lungometraggio da lei girato per la  Goldwyn Pictures Corporation, il compenso di Geraldine era uno dei più alti del settore: secondo i documenti del fondo Goldwyn, conservati presso la Margaret Herrick Library, ella ricevette 150.000 dollari per quattro mesi di riprese, mentre il coprotagonista, suo marito Lou Tellegen, ne guadagnava appena 600 alla settimana (a quanto risulta, il levriero russo prendeva 50 dollari al giorno). Originariamente intitolato The Golden Song, il film era concepito per sfruttare il forte sentimento antibolscevico che allora scuoteva l’America. La vicenda ha inizio alcuni anni prima della rivoluzione del 1917, quando la giovane Marcia Warren, figlia di un ingegnere minerario americano che lavora in Russia, si innamora del suo compagno di giochi, il principe Michael Orbeliana. Divenuto adulto, il principe (interpretato con notevole hauteur da Tellegen) ha ormai dimenticato da tempo l’amica americana, ma Marcia (la Farrar) sogna ancora di unirsi a lui, benché ella sia diventata un famoso soprano ed egli abbia sposato l’altera contessa Olga Amilahvari.
La lotta di classe mostra il suo volto atroce allorché Marcia respinge le avances di Peter Poroschine e costui si schiera con i bolscevichi. Mentre il principe Michael combatte al fronte, Poroschine e i suoi malvagi accoliti – sudici e lascivi, secondo la canonica immagine dei rivoluzionari russi – prendono il potere ed Erina Rodina, ex amica di Marcia, imperversa nelle vesti di esaltata provocatrice (le didascalie della copia belga la definiscono “la Théroigne del bolscevismo”, richiamandosi alla rivoluzionaria francese Anne-Josèphe Théroigne de Méricourt, agitatrice nata in una località dell’odierno Belgio). Sfruttando la classica propaganda antibolscevica dell’epoca, il film menziona anche la “nazionalizzazione delle donne”: la diceria, falsa ma efficacissima, per cui i sovietici avrebbero costretto le donne a prostituirsi (il tema ricorre in parecchi film del 1919, tra cui The New Moon, Dangerous Hours e Common Property). Quando Marcia tenta la fuga, Erina cerca di fermarla: ne nasce un memorabile alterco tra donne che si meritò i calorosi elogi del Los Angeles Evening Herald, a parere del quale la scena superava persino la celebre zuffa di The Spoilers (1914): “Più potere al regista, Frank Lloyd, che … deve aver promesso a entrambe una scatola di dolci come premio per il realismo.” In opportuno omaggio al patriottismo filoamericano del film, Marcia e il principe Michael, ritornato dal fronte, fuggono ad Arcangelo, dove vengono salvati dalle corazzate degli Alleati che compaiono in due inserti tratti da filmati d’attualità. Si profila finalmente la promessa della libertà in America: la Donna è sopravvissuta al suo Mondo.
Per la sua diva Goldwyn voleva una grande produzione: incaricò lo scenografo Hugo Ballin di disegnare set sfarzosi (costati, si disse, più di 35.000 dollari) che si estendevano per oltre tre acri presso lo studio di Culver City, e comprendevano riproduzioni in scala ridotta di famosi monumenti pietroburghesi quali l’Istituto Smolny e il grande arco del palazzo dello Stato maggiore. Non meno imponente era il teatro dell’Opera, in cui 750 comparse applaudono il trionfo di Marcia nella Thaïs di Massenet. In mezzo alla folla c’era anche il conte Camille Ferri-Pisani (1885-1954), che narrò quest’esperienza in “Au Pays du Film,” apparso dapprima a puntate sulla rivista Cinéa nel 1922 e pubblicato in volume l’anno seguente. Secondo Ferri-Pisani il set pullulava di aristocratici in esilio: un principe russo, un marchese veneziano, un baronetto inglese, un conte tedesco (cugino di Hindenburg) e un margravio dalmata che era stato il ciambellano dell’imperatore Francesco Giuseppe. Forse Ferri-Pisani, il margravio e il conte compaiono tra gli uomini che si congratulano con Marcia dietro le quinte dopo lo spettacolo; Ferri-Pisani afferma anzi che il conte e Geraldine ricordassero di essersi conosciuti quando ella si esibiva a Berlino ed era (secondo alcune voci) l’amante del principe ereditario di Germania. Bisogna certo mettere in conto qualche esagerazione: Ferri-Pisani afferma, sbagliando, che in questa scena Farrar si esibisce in Lohengrin e che nel teatro dell’opera si affollavano 1200 comparse (in realtà, per le scene in esterni risultano essere state impiegate fino a 2700 comparse).
Il regista Frank Lloyd (1888-1960), nato in Scozia ed emigrato in Nuova Scozia nel 1909, giunse a Hollywood nel 1913 con una compagnia di vaudeville della West Coast. Sotto l’ala protettrice di Lois Weber e Otis Turner, scrisse numerose sceneggiature per film da uno e due rulli, approdando poi al successo come regista per vari studi prima di essere ingaggiato da Goldwyn, con il quale rimase fino al 1922: The World and Its Woman fu il primo frutto della loro collaborazione. Lloyd fu uno dei fondatori dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences e ricevette l’Oscar per la miglior regia con The Divine Lady (Trafalgar, 1929) e Mutiny on the Bounty (La tragedia del Bounty, 1935); il suo Cavalcade (Cavalcata, 1933) ebbe invece il premio come miglior film.

Antonia Guerrero, Jay Weissberg

sogg/story: Thompson Buchanan.
scen: Edward T. Lowe, Jr.
photog: Percy Hilburn.
scg/des: Hugo Ballin.
cast:* Geraldine Farrar (Marcia Warren), Lou Tellegen (Prince Michael Orbeliana), May Giraci (Marcia da piccola/young Marcia Warren), Francis Marion (il principe da giovane/young Prince Michael Orbeliana), Alec B. Francis (il vecchio principe/Prince Michael Orbeliana, the elder), Edward J. Connelly (Robert Warren), Naomi Childers (la baronessa/Baroness Olga Amilahvari), W. Lawson Butt (Peter Poroschine), Arthur Carewe (il conte/Count Alix Voronassof), Mme. Rose Dione (Erina Rodina), Lydia Yeamans Titus (Mamie Connors), Hazel Brennon.
prod: Goldwyn Pictures Corp.
dist: Goldwyn Distributing Corp.
uscita/rel: 07.09.1919.
copia/copy: DCP, 92′ (trascritto a/transferred at 18 fps), col. (imbibito e virato/tinted & toned); did./titles: FRA, NLD.
fonte/source: Cinémathèque Royale de Belgique/Koninklijk Belgisch Filmarchief, Bruxelles.

*Nella copia belga presentata alle Giornate alcuni personaggi hanno nomi diversi./In the Belgian print being screened some of the characters are renamed.