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FILM DI VIAGGIO SOVIETICI

Attraverso la sesta parte del mondo: travelogues sovietici degli anni Venti
In Russia, la regolare produzione di film di viaggio venne avviata nel 1907 dalla Pathé russa con Puteshestvie po Rossii (Viaggi attraverso la Russia), primo di una serie che continuò nel 1908-09 con titoli dello stesso tenore come Zhivopisnaia Rossia (Russia pittoresca), Zhivopisnaya Odessa (Odessa pittoresca), Zhivopisnii Tiflis (Tiflis pittoresca). La serie fu prontamente imitata da altre case, che però, quasi riconoscendo alla Pathé l’esclusiva della parola zhivopisnii (pittoresco), adottarono titoli più semplici basati su Vidi (Vedute) come Vidi Yalti i Chernovo Morya (Vedute di Yalta e del Mar Nero), Vidi Moskva (Vedute di Mosca), ecc. Film destinati a “istruire divertendo” esploravano le varie regioni dell’impero, diverse dal punto di vista geografico e culturale, e presentavano i gruppi etnici che le popolavano come fedeli sudditi imperiali. La rivoluzione bolscevica, la guerra civile e la graduale nazionalizzazione dell’industria cinematografica incisero pesantemente sulla produzione di questo settore, ma verso la metà degli anni Venti una ripresa di interesse per i film di viaggio e la formazione di un nuovo quadro ideologico coincisero con il consolidamento del potere sovietico. Il primo lungometraggio sovietico dedicato a una spedizione, Velikii perelyot (Il grande volo; 1925) di Vladimir Shneiderov, resoconto di un viaggio in aereo da Mosca a Pechino, divenne assai popolare. Le prospettive aeree che si ammiravano nel film offrirono un esempio a tutto il settore del cinema, visualizzando l’espansione centrifuga dell’ideologia sovietica.
Intorno alla metà degli anni Venti, i cineasti puntarono a creare un “cineatlante” dell’Unione Sovietica, che attirasse gli spettatori nelle sale con la promessa di scenari esotici. Da questo punto di vista, il film di Dziga Vertov del 1926, Shestaia chast mira (La sesta parte del mondo; titolo alternativo “Corsa del cine-occhio in URSS”), segna una svolta per il modo con cui unisce visivamente le regioni ai confini del nuovo Stato sovietico, connesse da una rete di comunicazioni sempre più estesa. A partire dalla metà degli anni Venti, un vasto corpus di “cine-corse” che documentavano territori e nazionalità dell’Unione Sovietica fu realizzato e distribuito in tutto il paese, tramite il circuito commerciale e non. Vennero filmate spedizioni dirette nei vari angoli dell’Unione Sovietica, illustrando così agli spettatori luoghi remoti che avrebbero dovuto ispirarne la lealtà, e sviluppando contemporaneamente una nuova gamma di formule visive. Tra gli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, i Kulturfilm dedicati alle spedizioni figuravano nei piani di produzione di ogni studio cinematografico dell’Unione Sovietica e furono al centro di un acceso dibattito sulla funzione e i principi del cinema documentaristico.
Nel travelogue il paesaggio dipendeva da una fusione didattica di visione e ideologia, in cui il carattere documentaristico delle riprese, unito all’autorità scientifica dell’etnografia, naturalizzava l’immagine della realtà vista attraverso un obiettivo etnografico. Contemporaneamente, i cineasti sovietici fecero ampio ricorso ai concetti della geografia immaginaria, come “l’Oriente” e l’Estremo Nord”, perpetuando i discorsi sulla missione civilizzatrice che erano stati formulati al tempo della Russia imperiale. I film sulle minoranze visualizzavano gruppi etnici distinti, testimoniando della loro trasformazione in “nazioni socialiste” attraverso varie fasi di sviluppo, ma le classificazioni concettuali di queste fasi rimasero controverse. Diffondendo queste immagini in tutto il paese, i travelogue innervavano di distinzioni il mondo sovietico, creando una nuova forma di alfabetizzazione visiva.
I film selezionati per le Giornate sono la prova di quanto fosse ampia la gamma degli stili visivi e delle prospettive. Comprendono infatti la spedizione di Alexander Litvinov presso la popolazione degli Udege in Estremo Oriente (Lesniye Liudi [Il popolo della foresta]), che gli procurò il soprannome di “Flaherty russo”; il viaggio di Vladimir Yerofeyev in zone remote della montagnosa regione del Pamir (Pamir. Krisha mira [Pamir, il tetto del mondo]); un epico resoconto del tentativo sovietico di soccorrere la spedizione di Umberto Nobile al Polo Nord (Podvig vo L’dakh [Impresa tra i ghiacci]). Altri tre cortometraggi allargano l’ambito geografico e testimoniano del mutamento del linguaggio visivo tra gli anni Venti e Trenta. Si tratta di due film realizzati con materiale girato ma non utilizzato da  Vertov per Shestaia chast mira (La sesta parte del mondo), Tungusi (Il Tungus) e Bukhara; di un cortometraggio paesaggistico sulla pittoresca Crimea (Kara-Dag); e della glorificazione dei minatori dell’isola di Spitsbergen, con i concetti nazionali sostituiti da quelli di classe (Daleko na Sever[Lontano nel nord]).
Questa selezione mostra come l’industria cinematografica sovietica abbia continuato a basarsi su sistemi di riferimento imperiali, esercitando al tempo stesso un impatto innovativo sulla rappresentazione dell’esotismo e della “arretratezza” etnica. Con l’aiuto del cinema, le categorie astratte di nazionalità e patria si incarnavano in soggetti visibili e concreti: si potevano immaginare, e quindi percepire come categorie essenziali per l’autoidentificazione, oltre che per l’identificazione degli “altri”. I Kulturfilm dedicati alle spedizioni diedero forma e articolazione tangibile ai concetti immaginati di civilizzazione e arretratezza, e portarono alla luce l’intreccio di atteggiamenti colonizzatori e modernizzatori presenti nel contesto sovietico.
I film contenuti nel programma non pretendono di esaurire il panorama dei Kulturfilm sovietici; mirano piuttosto a offrire un quadro delle convenzioni visive sottese al modo di filmare la diversità e l’unità del mondo sovietico. Vladimir Yerofeyev, Alexander Litvinov, Nikolai Lebedev, insieme agli operatori Ivan Beliakov, Pavel Mershin, Yakov Tolchan e altri ancora crearono durature convenzioni visive della “terra sovietica”, rendendo più facile per gli spettatori instaurare un rapporto con le popolazioni filmate e simbolicamente appropriarsene. Mentre il governo dell’URSS diventava sempre più centralizzato e monolitico, i suoi estesi territori venivano costantemente rappresentati come un insieme culturalmente eterogeneo.
La presente rassegna è stato organizzata con il sostegno e la cooperazione dell’Archivio di Stato Russo per il Cinema Documentario e la Fotografia, il Rossiiskii gosudarstvennyi arkhiv kinofotodokumentov (RGAKFD) di Krasnogorsk. Esprimo la mia più viva gratitudine alla direttrice del RGAKFD, Natalia Kalantarova, alla vicedirettrice Rimma Moiseeva, alla consulente internazionale Elena Kolikova e a tutti gli archivisti che mi hanno aiutata.

Oksana Sarkisova

FOREST PEOPLE
A.Litvinov (1928)
Dom/Sun 1 – 22:00 – Teatro Verdi

THE TUNGUS
editor E. Svilova (1927)
Dom/Sun 1 – 22:00 – Teatro Verdi

ROOF OF THE WORLD [PAMIR]
Vladimir Yerofeev (1928)
Mar/Tue 3 – 9:00 – Teatro Verdi

BUKHARA
editor E. Svilova (1927)
Mar/Tue 3 – 9:00 – Teatro Verdi

FAR IN THE NORTH [DALEKO NA SEVER]
(1932)
Mer/Wed 4 – 11:00 – Teatro Verdi

KARA-DAG [ZHARDIN’E]
(1929)
Sab/Sat 7 – 9:00 – Cinemazero

FEAT IN THE ICE [PODVIG VO L’DAKH]
(1928)
Sab/Sat 7 – 9:00 – Cinemazero

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Date
  • 16 March 2017