LA FEMME RÊVÉE

LA FEMME RÊVÉE
(La donna sognata)
Jean Durand (FR 1929)

Dopo essersi affermato come uno dei creatori del cinema comico francese, realizzando per la Gaumont svariate serie con protagonisti fissi (e nelle quali, accanto a Calino-Clément Mégé, Zigoto-Lucien Bataille e Ernest Bourbon noto come Onésime, brillava pure la troupe al completo dei suoi “Pouics”, comici provenienti dal circo), negli anni Venti Jean Durand si converte al cinema drammatico. Non si tratta per lui di una novità assoluta, giacché, nello stesso periodo dei suoi film comici, egli aveva creato il western à la française, basandosi sulle sceneggiature scritte da Joë Hamman, divo di queste pellicole girate nella Camargue.
Dopo la guerra 1914-1918 Durand realizza con la moglie Berthe Dagmar, domatrice e acrobata, una specie di serie: cinque lungometraggi in cui ella interpreta la protagonista, Marie: Marie la Gaîté, Marie chez les loups, Marie chez les fauves, Marie la femme au singe e Face aux loups. Nel 1926, con la collaborazione di lei, realizza Palaces, seguito nel 1927 da L’île d’amour, due film fortemente spettacolari in cui si afferma il suo gusto per il decoro e le storie d’amore di eroi che sembrano provenire direttamente dalla letteratura popolare degli “anni folli”, quella di un Victor Margueritte o di un Maurice Dekobra.
Nel 1928 Durand intraprende La femme rêvée, film ancor più ambizioso delle sue produzioni precedenti, che viene girato in Andalusia, a Nizza, nella Camargue e a Parigi, interpretato da divi come Arlette Marchal, Alice Roberts, Charles Vanel e il ballerino Harry Pilcer, leggendario partner di Mistinguett (che Durand aveva cercato di riportare al cinema con il suo L’île d’amour). Il film abbonda di sequenze spettacolari con cui il cineasta si cimenta con entusiasmo: la feria di Siviglia e la fuga di una mandria di tori durante un temporale. Le riprese parigine ci mostrano la piscina del Lido, la sala da tè del Lido, una corsa automobilistica mondana sul circuito di Montlhéry, un ricevimento in cui possiamo ammirare le creazioni d’alta moda della maison Jenny e lo spettacolo del Casino de Paris, in un finale travolgente filmato nella sala del celebre music-hall in cui, nel medesimo periodo, Harry Pilcer era la vedette della rivista Paris qui chante.
Quindi, a parte la trama non priva di interesse e fascino desueto (un uomo invaghito di due donne immagina di poterle amare insieme e farne una specie di ibrido amoroso…), La femme rêvée può essere considerato la testimonianza appassionata di un cinema muto ancora legato alle sue certezze formali: la bellezza plastica e il gusto per l’esotismo, la fotogenia dei paesaggi e degli esseri umani.
Liberamente ispirato al romanzo del grande giornalista José Perez de Rozas (1882-1959), recante una prefazione di Vicente Blasco Ibanez, La femme rêvée si colloca nella linea drammaturgica di quelle opere che, negli anni Venti, appassionavano (e qualche volta scandalizzavano) un’opinione pubblica sensibile all’evoluzione dei costumi seguita al trauma della Grande Guerra. Sotto la forma di un dramma borghese apparentemente anodino (il marito, la moglie e l’amante…), Jean Durand affronta temi considerati scottanti: la libertà delle donne, la possibilità di un triangolo domestico, i piaceri proibiti del mondo notturno…
Il film si giova di un cast di prestigio, guidato da un Charles Vanel che si era appena distinto, a Berlino, nel ruolo di Napoleone per la regia di Karl Grüne (Waterloo), esperienza da cui aveva indubbiamente assorbito il carattere degli attori più emblematici del cinema tedesco. Al suo fianco, Alice Roberts, la giovane prima donna, scelta anch’ella da Georg Wilhelm Pabst per incarnare in Die Büchse der Pandora la sulfurea contessa Geschwitz, e la scultorea Arlette Marchal, che si poteva considerare una diva già dal 1927 grazie al ruolo di Castellana del Libano nel film di Marco de Gastyne adattato dall’opera di Pierre Benoit. E poi apparizioni di artisti cari a Jean Durand, come il grande ballerino di flamenco Vicente Escudero, e colui che aveva introdotto il charleston in Europa, Harry Pilcer, all’epoca partner, nel music-hall, dopo Gaby Deslys, di Mistinguett e Jenny Golder e delle Dolly Sisters.
Considerato perduto e non citato nelle storie del cinema, il film è stato restaurato in extremis in seguito alla scoperta di due negativi nitrato originali, derivanti dalle riprese gemelle effettuate da Paul Parguel (uno degli operatori preferiti di Jean Epstein) e Jehan Fouquet.
Annunciato con grande clamore dalla Franco-Film, La femme rêvée esce nel momento più infelice, quello del passaggio dal muto al sonoro, l’anno del trionfo di The Jazz Singer. L’anno di un nuovo cinema, quello della Passion de Jeanne d’Arc di Carl-Theodor Dreyer, anch’esso trascurato dal pubblico.
Jean Durand non si riprenderà da questo scacco e, dopo aver girato un ultimo film l’anno seguente, Détresse, svanirà nell’oblio e nella miseria.

Pierre Philippe

regia/dir, scen, adapt: Jean Durand, da un romanzo di/based on a novel by José Pérez de Rozas (La mujer soñada, 1928).
cast: Arlette Marchal (Suzanne Fleury), Charles Vanel (Angel Caal), Alice Roberts (Mercédès), Harry Pilcer (ballerino/the dancer, Harry), Tony D’Algy (Mariona), Thérèse Kolb (vecchia governante/duenna), Jeanne Grumbach (zia/aunt).
prod: Franco-Film.
uscita/rel: 27.02.1929 (anteprima per esercenti/trade screening); 04.07.1929.
copia/copy: DCP (orig. l: 2680 m.), c.120’; did./titles: FRA.
fonte/source: Gaumont Pathé Archives, Saint-Ouen, Paris.