IL CAPOLAVORO PERDUTO CINESE FEN DOU PROTAGONISTA DEL LUNEDÌ DEL FESTIVAL

PRIMA DELLA RIVOLUZIONE
FEN DOU, LA LOTTA, UN CAPOLAVORO PERDUTO DEL CINEMA CINESE DEL 1932 RISCOPERTO ALLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO

IL RAPPORTO CON LA STORIA AL CENTRO DI MOLTI FILM DELLA GIORNATA


È la grande storia il tema sotteso alle più importanti proiezioni di lunedì 7 ottobre alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (in corso al Teatro Comunale Giuseppe Verdi fino al 12 ottobre), a partire dal film cinese in programma alle 20.30, Fen Dou (La lotta), considerato per decenni perduto, del regista Dongshan Shi. Sono gli anni del conflitto con il Giappone, che proprio nel settembre 1931 aveva invaso la Manciuria e a gennaio 1932 conquistato Shangai, e della diffusione dell’ideologia marxista in Cina. La casa di produzione, la Lianhua, era nata nel 1930 finanziata dal Kuomintang, il partito nazionalista allora al potere, e voleva promuovere, sul modello del Luce, una forte immagine identitaria della nuova Cina, anche attraverso la rappresentazione dei suoi giovani, belli, atletici e moralmente sani. Esemplare in questo senso la sequenza d’apertura di Fen Dou, con gli adolescenti in tenuta atletica che intonano canzoni patriottiche. Il regista Dongshan Shi apparteneva alla Lega dei Drammaturghi, che era a forte prevalenza comunista, ma cerca di bilanciare l’elemento didattico propagandistico con una trama romantica e soprattutto con un’abilità tecnica (uso della cinepresa mobile) e una raffinatezza tecnica fuori dal comune. Shi avrebbe raggiunto la fama con gli epici melodrammi postbellici degli anni Quaranta e Cinquanta ma nel 1955, durante una grande purga contro gli intellettuali, scelse il suicidio.
Un altro episodio storico che si collega alla colonizzazione dell’America Latina è all’origine dell’altro film della serata (ore 22.30), El último Malón (L’ultima insurrezione) del 1918. Il 21 aprile 1904, dopo decenni di repressione, la tribù Mocoví attaccò la popolazione bianca di San Javier, nel nord-est della provincia di Santa Fe in Argentina. L’insurrezione fu stroncata con estrema violenza e il massacro di 50 nativi. Tredici anni dopo Alcides Greca, scrittore ed esponente politico locale, decise di rievocare cinematograficamente il fatto, utilizzando come protagonisti gli stessi Mocoví, illustrandone anche le usanze e il loro modo di vita. Nessun romanticismo e nessuna finzione, “ma la storia autentica di una popolazione americana forte ed eroica” come ebbe a dichiarare il regista. Nonostante venisse inserita nel film anche una storia d’amore, l’importanza politica non ne viene intaccata perché Greca smonta le menzogne razziste che descrivevano gli indigeni come dei selvaggi. Lo storico Fernando Martin Peña scrive che “se fosse stato un film americano, sarebbe stato considerato il precursore di Nanook of the North (Nanook l’esquimese) di Robert Flaherty e avrebbe un posto importante nella storia del cinema.”

Il tema del razzismo torna in The Aryan (ore 11.15) di William S. Hart, del 1916, soprattutto nella, seconda parte del film scritta da Gardner Sullivan che certamente era a conoscenza delle teorie razziali pseudo scientifiche che erano anche arrivate sullo schermo in Birth of a Nation (Nascita di una Nazione) di David Wark Griffith. Del film esistono due versioni, l’originale americana, scomparsa, e una del 1923, conservata dal Museo del Cine di Buenos Aires con il titolo La fiera domada. In questa edizione si era cercato di emendare il contenuto razzista della sceneggiatura con il risultato di far emergere il lato sessista, presente anche nell’originale, in maniera ancora più forte.

Un’altra pagina di storia poco conosciuta proviene dall’Estonia. Dopo la rivoluzione russa del 1917 il Paese baltico dichiara l’indipendenza, ma deve affrontare una guerra per liberarsi dal dominio sovietico e tedesco. Questo conflitto viene raccontato (ore 16.00) in Noored Kotkad (Giovani aquile) dal regista Theodor Luts sette anni dopo, nel 1927, attraverso una storia di amicizia tra tre giovani volontari di diversa estrazione sociale. Per la realizzazione del film Luts non ebbe alcun aiuto dallo stato e dovette ricorrere ad un prestito bancario. Riuscì a girare scene di battaglia molto spettacolari e sorprendenti, soprattutto se pensiamo agli scarsi mezzi di un’industria così piccola e così giovane.

Per i 100 anni della Repubblica di Weimar, il programma delle Giornate propone, alle 14.30, una serie di cinegiornali, film didattici, amatoriali, di propaganda elettorale, pubblicitari, travelogue, in pratica tutto quello che era intorno al cinema d’autore di Murnau, Lang, Pabst, che contraddistingue quel periodo. I corti di oggi sono raggruppati sotto la categoria “Natura ed elementi”, e comprendono un film, Il fenomeno delle nuvole di Maloja, del 1924 di Arnold Fanck, pioniere del cinema di montagna che lanciò il primo lavoro di Leni Riefenstahl. Molti anni dopo, nel 2014 il regista Olivier Assayas avrebbe citato il film di Fanck in Sils Maria, con Juliette Binoche.

Tornano, dopo il loro trionfale “debutto” nel 2017, le Nasty Women (ore 12.00) quelle donne che rifiutano la disciplina e la sottomissione e portano caos e scompiglio. Fra le protagoniste di questi divertenti cortometraggi degli anni Dieci, Léontine, Rosalie, Cunégonde e Zoé.

Completano il programma della giornata due film con la vedette francese del cinema e del music-hall Mistinguett, entrambi del 1916, Fleur de Paris e Chignon d’or (ore 9.00). Quest’ultimo film è il primo della collaborazione dell’attrice con il regista André Hugon e dà modo di apprezzare le doti di ballerina di Mistinguett quando si esibisce nell’erotica e brutale danza apache. Il film è anche un omaggio a Parigi, con delle meravigliose vedute del centro e della periferia, e al suo popolo.

Le Giornate del Cinema Muto sono realizzate grazie al sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per il Cinema, del Comune di Pordenone, della Camera di Commercio Pordenone-Udine e della Fondazione Friuli.

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